“Amore, è nata la sorellina di Pietrone, guarda com’è buffa”.

Pietro ride, poi resta in silenzio per qualche minuto. Mi fissa serio serio e dice:

“E tu mamma che hai nella pancia? Un fratellino o una sorellina?”. 

Deglutisco, prendo tempo, mi sento arrossire. In due minuti mi sembra di essere tornata l’adolescente presa in castagna dal prof, solo che stavolta il prof è mio figlio e ha 4 anni.  Nego? Confermo? Ok, fingo di non vedere la notizia e la do per assodata:

“Ancora non lo sappiamo, ma tra qualche giorno ti dirò se è un fratellino o una sorellina, sei contento?”.

Il tempo rallenta. Si ferma. I suoi occhi vanno dalla mia faccia alla mia pancia, sulle labbra ha una smorfia strana: piange? Ride? No, è incredulo e scandisce bene bene queste parole.

“Mamma… ma che davvero? Davvero c’è un fratellino o una sorellina nella tua pancia?”

Nello spazio di poco realizzo che mio figlio mi ha teso un tranello. Deve aver sentito qualche brandello di conversazione. Io e suo padre volevamo aspettare la fine dei fatidici primi tre mesi per dirglielo. Io in particolare, volevo trovare un modo carino per l’annuncio. E invece Pietro l’ha deciso da solo come e quando saperlo. E la sua reazione è stata identica alla mia.

“Ma che davvero?”

l’ho detto anche io davanti allo specchio con una faccia da ebete i primi giorni di febbraio con un test di gravidanza in mano e quelle due inequivocabili lineette rosse. Quanto ho desiderato e voluto Pietro, quanto ho sofferto perché non arrivava, tanto non ho cercato questa gravidanza. E se scoprire di Pietro era stata una sorpresa bellissima, un dono, un quasi miracolo perché sembrava che figli non ne potessi avere, scoprire il secondo è stato stranissimo.

Lui o lei arriva in un momento particolare.

In questi mesi di lontananza dal giornale ho fatto tante cose: l’ufficio stampa del Conservatorio di Musica, ho lavorato per un importante museo-giardino, insieme ad una collega-amica abbiamo gestito la comunicazione social di una start up. Ho fatto tanti piani editoriali rimasti carta straccia perché per molte aziende purtroppo ancora, la comunicazione sui social network è importante ma “non così tanto e alla fine si può fare in casa”. Mi sono divertita, mi è venuta l’ansia, ho guadagnato pochissimo rispetto al mio stipendio al giornale, mi sono messa alla prova su cose che non sono giornalismo, ho rafforzato legami, ho conosciuto persone nuove e interessanti, ho capito che non so lavorare da casa.

Sono stata con Pietro. Tanto.

Questo mio figlio così testone e testardo, così intelligente e paraculo, così grande eppure ancora piccolo. Dolce quando non te lo aspetti, avaro di baci ma avido di coccole. L’ho visto insieme agli altri bambini, ho visto come si rapporta con gli adulti, come spesso la gente intorno a lui cerchi un suo sorriso. Abbiamo dipinto, fatto torte, letto, giocato a Mega Macchine e Paw Patrol, tagliato, scritto, cantato, ballato. Ho conosciuto bene la sua scuola, le altre mamme, ho passato interi pomeriggi di ciane al parco mentre lui si rotolava in mezzo alla terra. Ho litigato e discusso e urlato tantissimo. Ho reagito alle sue sfide continue. A volte mi sono sentita una merda. A volte ho pensato: “Io la madre non la so fare. Mi stanco, mi innervosisco, mi deprimo”. Ma lui mi ha sempre fatto capire che non è vero, che avermi così presente nel passaggio dal nido alla scuola materna, è stato bello e importante. Che anche se ora ho deciso di rientrare al giornale – perché un secondo figlio si cresce male guadagnando quanto ho guadagnato io in questi mesi e lavorando comunque tanto –  lui ha con sé questo bagaglio di tempo passato insieme, di cose fatte, di discorsi affrontati, di abbracci lenti, di tempo nostro. Ce l’ha lui, e ce l’ho io, quello di cui, egoisticamente, avevo bisogno.

Quando ho scoperto del secondo ho avuto il terrore di rompere il nostro equilibrio.

Un po’ di paura ce l’ho ancora, la porterò con me. Ma da quando lui l’ha saputo in quel modo un po’ truffa, la sua curiosità mi fa una tenerezza infinita. “Mamma, quando c’è il fratellino o la sorellina, io gli leggo i libri”. “Lo mettiamo a dormire nel mio letto, ma dalla parte della sbarra così non cade”. “Il biberon glielo do io ma senza le Macine che è troppo piccolo”.

E poi due sere fa: “Io vorrei un fratellino, ma scommetto che sarà una sorellina”. Scommessa persa, amore mio, ma desiderio esaudito. E la tua gioia, pura, vera, semplice nel sapere, pochi istanti fa, che in pancia ho il tuo fratellino, che sta bene, mi fa finalmente essere davvero felice di questa gravidanza.

(Il post è stato scritto per il blog www.signormamma.wordpress.com)